The Witchcraft
RIVISTA ESOTERICA

C’è un momento, tra l’equinozio e il solstizio, in cui laprimavera smette di essere un annuncio e diventa promessa.

Aprile è quel mese sospeso, dove la luce si fa più audace e l’ombra si ritrae, lasciando spazio a un fermento che sa di risveglio antico. E in questo risveglio, The Witchcraft si muove come un’entità viva, portando con sé il peso e la leggerezza di un sapere che non teme di sporcarsi le mani con l’inesplicabile.

Questo numero è un labirinto di specchi. Da un lato, l’esoterismo burtoniano che si fa carne nelle visioni di Taiz, dove il grottesco e il sublime danzano in un cortocircuito di simboli alchemici. Dall’altro, la magia pratica di Slaan, che ci ricorda come il cerchio rituale non sia un confine, ma una porta, un varco che separa e unisce mondi. E tra questi estremi, si insinuano voci che parlano di tarocchi, di erbe che guariscono le ferite dell’anima, di numeri che sono chiavi per decifrare il caos.

C’è qualcosa di profondamente anarchico in queste pagine.

Michele Leone smaschera l’illusione della conoscenza immediata, ricordandoci che diventare maghi richiede lo stesso tempo e sudore di forgiare una spada. Pasquale Battista, con la sua prosa tagliente, ci trascina nel sottosuolo dell’occulto, dove le definizioni si sgretolano e ciò che resta è solo l’esperienza – cruda, diretta, senza veli. E poi c’è Vania Manzari, che ci sussurra i segreti della calendula come fossero preghiere, trasformando un oleolito in un atto di resistenza contro l’oblio della natura.

Aprile ci chiede di sporcarci le mani. Di piantare semi, di tracciare cerchi, di sfidare i limiti—non per dominare l’ignoto, ma per imparare a danzarci dentro. Questa rivista è una mappa, ma anche un avvertimento: ogni sentiero è un rischio, ogni conoscenza un debito. E forse, è proprio questo il suo incantesimo più potente.

Con gratitudine ed incanto,

La redazione di The Witchcraft