Da clandestina a santa globale
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Santa Muerte - Da clandestina a santa globale
Come la Santa Muerte ha conquistato il mondo partendo dai vicoli oscuri
Per lungo tempo, il culto della Santa Muerte si è mosso come un fiume carsico sotto la crosta ufficiale della religione e della società. Non c’erano manifesti, né predicatori. Solo sussurri, altari nascosti dietro tende spesse, e fedeli che, come carbonari spirituali, si passavano di mano in mano statuette ingiallite e formule segrete. Nessuno avrebbe mai scommesso che quella Signora scheletrica, guardiana degli ultimi, avrebbe un giorno valicato confini, oceani e continenti. Ma è esattamente ciò che è accaduto.
Negli anni Novanta, mentre il Messico si agitava tra crisi economiche e ondate di violenza, Santa Muerte smise di camminare solo tra i disperati per entrare, silenziosa e inesorabile, nei cuori di un pubblico molto più ampio. Non più solo appannaggio dei quartieri popolari, la sua immagine iniziò a comparire nei mercatini urbani, poi nelle edicole di provincia, infine sui grandi altari pubblici come quello, ormai leggendario, di Tepito. I media, sempre pronti a scorgere il sensazionale, la portarono in televisione, sulle prime pagine, nelle inchieste scandalistiche. E, come spesso accade, la notorietà generò adorazione quanto sospetto.
Quello che distingue la Santa Muerte da altri culti “di nicchia” esplosi nello stesso periodo è che la sua espansione non è avvenuta tramite la predicazione o l’evangelizzazione. Non ci sono stati missionari della Morte. Non c’è stato un “apostolo” della Santa. È stato un contagio spontaneo, emotivo, trasversale. Gli emigranti messicani, in particolare, hanno portato con sé la devozione come si porta un talismano nascosto nel taschino: una protezione silenziosa contro un mondo ostile. Negli Stati Uniti, in California, Texas, Arizona, è facile oggi imbattersi in piccoli santuari, negozi specializzati, persino librerie dedicate al culto.
La sua capacità di parlare a chi vive ai margini — migranti, lavoratori sfruttati, comunità LGBTQ+, minoranze etniche — l’ha resa una santa glocale: profondamente radicata nella cultura messicana, ma anche perfettamente adattabile alle realtà più disparate. Santa Muerte non chiede cittadinanze, né certificati di battesimo. Accoglie l’anima umana nella sua nudità, senza distinzione di lingua, colore o paese.
Europa, Sudamerica, perfino Australia: la Señora ha trovato casa ovunque esistano esseri umani disillusi dai poteri costituiti, ma ancora affamati di sacro. Non si tratta più di un culto marginale. Parliamo di una fede vivente, in crescita costante, che conta milioni di devoti in tutto il mondo.
Naturalmente, questo successo non è stato accolto senza resistenze. Il Vaticano, da sempre attento a mantenere il monopolio del sacro, ha bollato la Santa Muerte come una “deviazione satanica”, una “aberrazione religiosa”. Anche molte Chiese evangeliche latinoamericane hanno lanciato campagne contro di lei, vedendola come una minaccia alla loro espansione. Ma, come ogni mito forte, ogni condanna ha finito solo per rafforzarla. Il richiamo della Señora è troppo potente per essere soffocato dai diktat istituzionali: chi la chiama lo fa perché ha conosciuto il volto feroce della vita e sa che solo chi regge la falce comprende davvero la fatica di esistere.
Curiosamente, la popolarità globale ha portato con sé anche una certa estetizzazione della figura. Oggi, oltre agli altarini domestici e ai rituali di protezione, troviamo la Santa Muerte rappresentata in street art, tatuaggi, gioielli di lusso, persino passerelle di moda. Una commercializzazione inevitabile, certo, ma che non ha snaturato il cuore del culto: la Santa rimane la stessa. Silenziosa, potente, disponibile.
Così, ciò che era nato come un sussurro dietro le tende polverose di Tepito, ora è un canto muto che attraversa frontiere invisibili, parlando una lingua che chiunque abbia conosciuto il dolore capisce senza bisogno di traduzioni. La Santa Muerte è diventata globale senza perdere la sua anima. E forse proprio per questo continuerà a camminare con noi ancora a lungo.