Psicologia e spiritismo

Anima e Oltre: Jung, Hillman e Corbin tra Psicologia e Spiritismo

Quando parlare con i morti è un atto dell’anima: l’invisibile come metafora viva nella psicologia archetipica e immaginale.

C’è stato un tempo – e forse ancora c’è, per chi sa ascoltare – in cui parlare con i morti non era segno di squilibrio, ma esercizio dell’anima. I morti, in questa visione, non sono cadaveri né fantasmi da feuilleton, ma presenze interiori, immagini vive, forme psichiche che abitano il nostro teatro interiore. È qui che la psicologia archetipica di Hillman e il pensiero visionario di Henry Corbin si tendono la mano, dando continuità al gesto rivoluzionario di Jung: riabilitare l’immaginazione come strumento di conoscenza, come organo di visione.

Per Jung, i morti parlano eccome. Parlano nei sogni, nelle nevrosi, nei lapsus, nei riti antichi e nei miti dimenticati. Parlano attraverso gli archetipi, quelle strutture eterne dell’anima che ritornano in ogni epoca, indossando volti diversi ma dicendo le stesse verità. Il dialogo con i morti, allora, è dialogo con ciò che è stato rimosso, escluso, dimenticato ma che ancora agisce da sottofondo nella nostra psiche. Non è un’evocazione spiritica nel senso ottocentesco: è un processo psicospirituale che richiede profondità e ascolto.

James Hillman, erede ribelle ma fedele di Jung, ha portato questa visione ancora più in là. Per lui l’invisibile non è solo un Altrove da raggiungere, ma un Altro da incontrare dentro di noi. Non si tratta di “credere” negli spiriti, ma di saperli riconoscere come immagini dell’anima. Il morto, nella prospettiva archetipica, è l’antenato psichico, il complesso antico, la voce della memoria collettiva che continua a parlarci da sotto la soglia della coscienza.

E poi c’è Henry Corbin, il più mistico tra i filosofi del Novecento, con il suo mondo immaginale — non immaginario, attenzione — dove gli spiriti hanno realtà e forma, non perché siano “oggettivi” ma perché sono reali nell’anima. Per Corbin, l’incontro con l’angelo, con l’entità sottile, non è superstizione ma evento dell’essere. Un mondo intermedio tra il sensibile e l’intellettuale, dove l’immagine ha ontologia propria. In questo spazio, parlare con i morti non è un passatempo occulto, ma un atto filosofico, un pellegrinaggio spirituale.

Tutto questo non significa ridurre lo spiritismo a psicologia, ma aprirlo a una comprensione più ampia e sfumata. Il dialogo con l’invisibile può essere letterale, simbolico, psichico o tutti e tre insieme. Può avvenire in una seduta medianica o in un sogno improvviso. Ma in ogni caso, ci mette di fronte a una domanda fondamentale: siamo disposti ad ascoltare ciò che ci turba, ciò che non comprendiamo, ciò che abbiamo perduto?

Per Carl Gustav Jung, l’incontro con i defunti non è un tema accessorio, ma una necessità psicologica e spirituale. Non parliamo di apparizioni da romanzo gotico, ma di eventi interiori: i “morti” di Jung sono contenuti psichici autonomi, figure archetipiche, personificazioni dell’inconscio collettivo. Appaiono nei sogni, si travestono da antenati, si presentano come saggi, bambini, animali guida. Sono le voci del non vissuto, del non risolto, del rimosso – e quindi parlano con forza, chiedendo ascolto.

Nel Libro Rosso, Jung stesso racconta dialoghi diretti con entità interiori che assumono la forma di spiriti, maestri, anime erranti. È un’esperienza fondante, quella, da cui nasceranno tutte le sue teorie principali: il Sé come totalità psichica, l’inconscio come spazio popolato da immagini vive, l’individuazione come processo di integrazione degli opposti. Parlare con i morti, per Jung, è in realtà dialogare con le nostre profondità più antiche. E non farlo equivale a restare prigionieri di un Io illuso di bastare a se stesso.

James Hillman, da par suo, prende la torcia di Jung e la porta nei cunicoli del mito, della poesia, dell’immaginazione. Per lui, l’anima non è una funzione della psiche: è la psiche stessa, e il mondo dei morti è il suo ambiente naturale. In Re-Visioning Psychology e nei suoi scritti sul “pensiero del cuore”, Hillman restituisce alla psicologia la sua dimensione plurale, narrativa, archetipica. Non ci sono “morti” da esorcizzare, ma figure da ascoltare, immagini da accogliere, dialoghi da riattivare. L’invisibile, dice Hillman, è reale nella misura in cui lo viviamo come tale. Parlare con i morti è, in fondo, parlare con le storie che ci abitano.

A questo punto entra in scena Henry Corbin, il grande iranista e filosofo dell’immaginazione mistica. Con lui, l’esperienza spirituale abbandona i binari razionali e si tuffa nel mondo imaginale, che non è un “fantasy” teologico, ma un piano ontologico a sé. L’Anima, per Corbin, non è chiusa nel corpo: è un ponte tra il sensibile e l’intellegibile. E i “morti”, o meglio le presenze spirituali, non sono né proiezioni né spiriti di defunti nel senso popolare: sono manifestazioni del Mondo Intermedio, il barzakh, in cui visioni e apparizioni sono realissime per chi sa vedere con l’occhio del cuore.

In Corbin, il dialogo con gli spiriti si trasforma in angelologia dell’immaginazione: il morto diventa figura-guida, messaggero, personaggio di un dramma sacro che l’anima vive per riconnettersi alla sua origine divina. Ed è proprio in questa cornice che il concetto di “immaginazione attiva” (così caro anche a Jung) trova la sua pienezza: non è esercizio artistico o fantasioso, ma metodo spirituale. È il rito interiore che permette al vivente di comunicare col numinoso.

Dunque, parlare con i morti, in questa chiave, non è superstizione. È psicologia profonda, è filosofia spirituale, è teurgia dell’anima. È il tentativo, antico quanto l’uomo, di ricordare che dentro di noi esiste un archivio vivo, popolato da immagini, memorie, archetipi. E che se li ignoriamo, essi trovano comunque il modo di farsi sentire — nei sogni, nei sintomi, nelle coincidenze che ci inseguono come richiami dall’Aldilà.

In definitiva, psicologia archetipica e spiritualismo si incontrano su un terreno comune: la consapevolezza che l’anima non è lineare, non è moderna, non è razionale. È un labirinto abitato da figure, ricordi, ombre e luci. E se i morti parlano, non è per farci paura o per svelarci numeri vincenti: è per ricordarci chi siamo davvero, e quanto di noi stessi è ancora sepolto.

Bibliografia

Carl Gustav Jung

  • Jung, C.G., Il Libro Rosso (Liber Novus), Bollati Boringhieri, 2010
    – Opera centrale per comprendere la genesi del pensiero junghiano e i suoi dialoghi interiori con figure archetipiche e “spiriti”.

  • Jung, C.G., Ricordi, sogni, riflessioni, BUR, 2006
    – Autobiografia atipica in cui Jung narra molte delle sue esperienze spirituali e oniriche.

  • Jung, C.G., Psicologia e alchimia, Bollati Boringhieri, 1991
    – Fondamentale per capire il rapporto tra immaginazione, trasformazione interiore e simbolismo.

James Hillman

  • Hillman, J., Re-Visioning Psychology, HarperPerennial, 1992
    – Testo manifesto della psicologia archetipica, dove l’anima è riportata al centro dell’indagine psicologica.

  • Hillman, J., Il codice dell’anima, Adelphi, 1997
    – Una delle sue opere più accessibili, dove parla di destino, vocazione e “daimon”.

  • Hillman, J., Il sogno e il mondo infero, Adelphi, 2005
    – Profonda esplorazione del regno dei morti come dimensione dell’inconscio.

Henry Corbin

  • Corbin, H., Corpo spirituale e Terra celeste, Adelphi, 1997
    – Introduzione imprescindibile al concetto di “mondo immaginale” e al pensiero persiano islamico.

  • Corbin, H., L’immaginazione creatrice nel sufismo di Ibn ‘Arabî, Edizioni Mediterranee, 1981
    – Un ponte tra la mistica e la filosofia, che getta le basi per una vera metafisica dell’immaginazione.

  • Corbin, H., L’uomo e il suo angelo. Introduzione alla gnosi islamica, Edizioni Mediterranee, 1984
    – Riflessione sul ruolo della guida spirituale e sul dialogo tra visibile e invisibile.

Approfondimenti complementari

  • Romanyshyn, R., La psicologia come disciplina poetica, Moretti & Vitali, 2013
    – Un’opera che riecheggia Hillman e Jung, restituendo alla psicologia la sua vocazione immaginale.

  • Vannini, M., Dell’anima. La rivoluzione della psicologia archetipica, Moretti & Vitali, 2022
    – Interprete italiano di Hillman, offre una lettura intensa del dialogo tra anima, mito e spiritualità.

  • Hanegraaff, W.J., Esotericism and the Academy: Rejected Knowledge in Western Culture, Cambridge University Press, 2012
    – Per chi vuole contestualizzare storicamente il rapporto tra esoterismo, psicologia e religioni invisibili.

 

Torna in alto